Occuparsi di musica a livello giornalistico è senz’altro un privilegio. Sono davvero tanti gli album che mi capita di ascoltare in una sola giornata, figurarsi nell’arco di un intero anno. Spesso e volentieri mi passano per le mani dei veri e propri capolavori da dover recensire: dischi magnifici che poi per totale mancanza di tempo non ho modo di risentire per mesi e mesi.
In sei sette anni di produzione di recensioni mi sono avvicinato ad artisti stranieri favolosi, conosciuti tramite un disco sentito per caso e mai più mollati. È andata così anche con Ben Howard, talentuoso songwriter inglese di cui un anno fa non sapevo nemmeno dell’esistenza (cosa gravissima). È bastato un post su Facebook del caro Niccolò Fabi, sempre prezioso in quanto a consigli musicali, per essere incuriosito. L’ascolto del favoloso pezzo End Of The Affair suonato dal vivo negli studi della BBC, una rapida ricerca di informazioni in rete e quindi via con l’immersione nei suoi due fantastici cd pubblicati tra il 2011 (“Every Kingdom”) e il 2014 (“I Forget Where We Were”).
Una folgorazione. Da tempo non mi capitava di trovare un autore tanto potente e profondo, maturo nei testi, formidabile con la chitarra e vocalmente, assai abile nel tirare fuori brani complessi e ricercati negli arrangiamenti eppure immediati. Sound moderno e curato, eccellente presenza scenica. Due album, due capolavori. Che piacevole scoperta, che bello notare come non solo negli Stati Uniti, ma anche in Inghilterra, ci siano talenti pazzeschi in grado di sorprendere e convincere al primo colpo. Consigliatissimo l’approfondimento a chi legge.
Alessandro
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