Il ritorno sublime dei Karate

Da settimane ascolto estasiato il nuovo album dei Karate, come già scritto in passato su questo blog una delle mie band preferite in assoluto. “Make It Fit”, questo il titolo del disco pubblicato nel mese di ottobre, è arrivato a circa venti anni di distanza dalla precedente produzione in studio del trio americano, ovvero il sontuoso “Pockets”.
Poco tempo dopo l’uscita di quell’album, i Karate furono costretti a fermarsi per via di un grave problema all’udito accusato dal leader del progetto, l’immenso Geoff Farina, penna incredibile e chitarrista di un talento esagerato. Una notizia tremenda per i tanti fan del gruppo sparsi nel mondo, costretti a rinunciare all’idea di ascoltare materiale nuovo confezionato dalla band e, soprattutto, di poter assistere a delle loro performance live.
Grazie al cielo, dopo un’attesa sfiancante, Farina è riuscito a risolvere i suoi problemi fisici e a imbracciare la chitarra elettrica per suonare ad alti volumi, quelli necessari per fare del buon rock.
Prima i concerti in elettrico in vari paesi del mondo, poi il giusto tempo per sperimentare in sala prove e buttare giù delle idee da assemblare per tirare fuori delle canzoni valide: senza scendere a compromessi con le mode del momento, quelle ricercate e sostenute dalle deprecabili radio commerciali, Farina e soci hanno messo a punto dieci brani magnifici, contraddistinti da una qualità globale a dir poco notevole.
“Make It Fit” è un album magistrale nella sua apparente semplicità. All’interno si ritrovano quegli elementi che hanno permesso ai Karate di farsi amare da tanti ascoltatori, quindi il groove seducente costruito dalla più che affiatata sezione ritmica, i riff trascinanti concepiti da Farina, le incantevoli progressioni chitarristiche e quelle melodie uniche poggiate su musiche di spessore (da non dimenticare anche il cantato pregevole, con una voce rimasta limpida e giovanile).
Ogni brano presente in scaletta denota una qualità importante. Per certi versi, sembra che il tempo non sia passato: ascoltando “Make It Fit” sembra di tornare indietro di almeno vent’anni, scorgendo atmosfere molto in voga nel panorama alternative tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio. Ad alcuni questa cosa potrebbe non convincere, o quantomeno far storcere il naso, ma non sta scritto da nessuna parte che fare musica nel 2024 voglia dire allinearsi alle tendenze sonore di un presente che richiede soltanto mediocrità e ovvietà.
Quello che a mio avviso rende “Make It Fit” un album di livello non è tanto il suo piglio un po’ retrò, comunque assai gradevole, quanto quell’anima libera percepibile in maniera forte e chiara dalla prima all’ultima traccia. Considerando la tanta roba scadente che viene prodotto in Italia, così come all’estero, mi sembra che sia un qualcosa di estremamente importante.

Alessandro

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