“Okumuki”, l’esaltante opera prima di L’Aura

L’album “Okumuki” di L’Aura, che nel 2025 compirà vent’anni tondi tondi, rientra tra quei dischi capaci di regalarmi forti emozioni nonostante gli innumerevoli ascolti effettuati nel tempo. Credo che ciò dipenda molto dal fatto che all’epoca della sua pubblicazione vivevo una fase piuttosto bella e radiosa della mia vita, contraddistinta da un enorme desiderio di conoscere musica nuova. Perciò, nel riascoltarlo, riesco ancora adesso a respirare quelle sensazioni di felicità, di leggerezza e di entusiasmo tipiche di un diciassettenne pieno di sogni da realizzare.
Al di là di questo aspetto, però, continuo a reputarlo un disco davvero splendido, colmo di canzoni strepitose e frutto di un’ispirazione notevole da parte della sua unica artefice. C’è da dire infatti che al tempo la bravissima Laura Abela aveva una grande voglia di affermarsi e di far sentire a un paese intero ciò che aveva dentro.
Un talento raro unito a una profonda consapevolezza nei propri mezzi: penso proprio che furono queste due caratteristiche a permettere alla cantautrice bresciana di farsi largo nel mondo della discografia e di ottenere grande popolarità in pochissimi mesi. Con il singolo d’esordio
Radio Star, qualcosa di solare e dirompente al tempo stesso, sbarazzino nello stile eppure concreto nel suo insieme, milioni di persone si accorsero subito della personalità di un’artista simile, una destinata a imporsi e a diventare un punto di riferimento per i giovani ascoltatori di quel periodo storico.
Ricordo ancora il mezzo sorriso che involontariamente si stampava sul mio viso nel contemplare in televisione il videoclip diffuso da Mtv o da All Music: quella progressione di accordi iniziale elaborata al pianoforte era come un raggio di sole improvviso nel bel mezzo di un cielo cupo, un qualcosa in grado di rapire l’attenzione dell’utente più distratto e di trascinarlo chissà dove: bellezza pura e travolgente in appena tre minuti di canzone. Poi, in seguito all’uscita di “Okumuki”, la promozione andò avanti, e da quell’album istrionico vennero estrapolati altri due grandi pezzi, vale a dire
Today e Una favola, tracce più profonde e avvolgenti rispetto a Radio Star, ideale per la bella stagione.
La partecipazione a Sanremo nel 2006 con la straordinaria
Irraggiungibile permise a L’Aura di inserire un’altra manciata di pezzi in “Okumuki”, rendendolo più corposo ma non per questo pesante o stucchevole. Anche con quindici brani all’interno, l’album ha infatti conservato quella bellezza e quella solidità capaci di farlo arrivare alle persone.
In linea generale, “Okumuki” appare come un lavoro assai eclettico, nel senso che dall’inizio alla fine regala degli episodi non solo pregevoli, ma anche maturi e sperimentali: alcuni pezzi in scaletta, come la strepitosa
Demons (In Your Dreams), emergono per via di strutture piuttosto articolate, di certo poco frequenti nel pop di quel tempo, già orientato verso un’immediatezza che con gli anni è stata estremizzata a livelli sconvolgenti. Ecco, tutto questo fa comprendere in maniera piuttosto chiara la validità di un lavoro simile, così come il grande potenziale di L’Aura, all’inizio del nuovo millennio intenzionata a proporre una musica in grado di rappresentare il proprio spirito.
Mi spiace molto che nel tempo un’artista simile non abbia avuto modo di veder crescere il proprio pubblico, dovendo fare i conti con le criticità di una discografia, la nostra, sgretolatasi per via delle idee improbabili di gente ipocrita nonché, a mio avviso, incapace. Tuttavia lei il suo percorso lo ha comunque portato avanti, rallentando soltanto la produzione (in primavera è uscito anche un nuovo singolo che forse la porterà a rilasciare un disco di brani inediti).
Detto ciò, mi auguro solo che tanti ventenni di oggi possano arrivare a un disco come “Okumuki” per apprezzarne la magia. Contemplare la qualità di un album del genere permetterebbe soprattutto di capire quanto ciò che viene prodotto oggi nel mainstream sia di gran lunga inferiore a un progetto discografico come questo gioiello, pubblicato ben diciannove anni fa.

Alessandro

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