Il mese scorso, vedendo al cinema il bellissimo “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, mi sono tornati in mente i grandi Jon Spencer Blues Explosion e la loro formidabile musica, la stessa capace di ispirare Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio nella scelta del nome da dare al proprio progetto musicale, ovvero Bud Spencer Blues Explosion. La band newyorkese capitanata da Mr. Spencer, maestro del rock’n’roll moderno, è presente infatti nei primi secondi del film, poiché la superlativa Calvin, contenuta nell’album “Acme” del 1998, viene sfruttata come “commento” musicale proprio in apertura di pellicola, dove la telecamera mostra vicoli e piazze di una Roma d’altri tempi.
Quell’ascolto inaspettato mi ha ricordato di quanto affascinante sia lo stile di un gruppo simile, in attività dagli anni Novanta e capace, in ben tre decenni, di sfornare gioielli su gioielli. Ultimamente, lo ammetto, li ho un po’ messi da parte, anche se ciò non si è verificato per un “allontanamento” voluto dai loro brani e dai loro dischi, bensì per la mia abitudine cronica di ascoltare innumerevoli cose diverse tra di loro che, alla fine, mi fa perdere di vista e miei miti assoluti, quelli di cui mi sono “nutrito” per tanto tempo. I miei punti di riferimento, le colonne portanti del mio background musicale.
Con i Jon Spencer Blues Explosion è accaduto questo: a furia di andare alla ricerca di novità, mi sono semplicemente dimenticato di infilare nello stereo roba loro. Ecco, assistendo alla proiezione di “C’è ancora domani”, film che invito tutti a vedere per la maestria con la quale è stato confezionato, mi sono ricordato di dover sentire con più costanza questa band fenomenale.
D’altronde, la musica dei Jon Spencer fa davvero bene alla mente. Ha una potenza e un piglio unici, grazie a quella strepitosa miscela di generi da cui si origina una sorta di punk blues in grado di stendere chiunque. Rock, noise, soul, addirittura rap: nei tantissimi pezzi incisi da loro, convivono queste e tante altre anime, che una volta accostate creano un sound grezzo, sporco, ruvido, caldo, sensuale, puro.
Parliamo di un gruppo che non è mai sceso a compromessi con l’industria musicale. Sono sempre andati per la loro strada, lavorando in maniera coerente con l’obiettivo di scrivere materiale in grado di rappresentarli sul serio. Mai, fino ad oggi, gli è passato per la mente di pubblicare materiale adatto ad accontentare gli standard di certe radio commerciali: solo dischi di livello, sperimentali al punto giusto e destinati ad andare al sodo, a stimolare il movimento fisico, a regalare belle sensazioni.
Penso che, almeno in Italia, troppe poche persone conoscano il potenziale di una band del genere. Avrebbero dovuto raccogliere di più un po’ in tutto il pianeta, ma la metamorfosi scandalosa della discografia li ha penalizzati, mettendoli forse ai margini, impedendogli di arrivare a un pubblico ampio ed eterogeneo.
In un mondo che si rispetti, un mondo giusto e normale, gruppi come i Jon Spencer Blues Explosion dovrebbero riempire i club di qualsiasi nazione e vendere decine di milioni di copie di dischi. I loro pezzi trascinanti e folgoranti dovrebbero invadere l’etere attraverso una diffusione ripetuta da parte delle radio più ascoltate in assoluto.
Stiamo attraversando un momento storico vuoto e deprimente, quindi va da sé che tutto ciò non sia possibile. Forse questo non avverrà mai, forse Jon Spencer e soci continueranno a essere seguiti soltanto da una misera nicchia, in ogni caso è giusto parlare tanto e bene di questi musicisti qui, che a suon di album deliziosi hanno dimostrato ampiamente le proprie impressionanti qualità tecniche e autoriali.
Alessandro
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