Sono fortemente legato a ogni film realizzato sino ad oggi da Nanni Moretti, per me un grandissimo del cinema italiano, abile a tirare sempre fuori delle storie interessanti, sviluppate e raccontate con estrema bravura e originalità, saggezza. Ripensando alla sua filmografia, non c’è davvero un film che non rivedrei: dal primo “Io sono un autarchico” all’ultimo “Tre piani”, a mio avviso molto ben fatto, ispirazione e qualità non sono mai venute meno.
Davvero difficile stabilire quale sia la sua miglior opera in assoluto, tuttavia, riflettendoci bene, credo che un lungometraggio come “Caro diario”, uscito nelle sale nel 1993, mi abbia letteralmente incantato al primo colpo. Le celebri inquadrature che lo caratterizzano, la fotografia, i dialoghi e la recitazione di Nanni sono un qualcosa che rimane impresso nella mente di chi guarda la deliziosa pellicola.
L’aspetto più interessante di un film del genere è che risulta estremamente godibile dall’inizo alla fine. Non ha cali e non annoia, ma anzi suscita interesse e attenzione grazie a uno stile essenziale eppure ricercato. Nessuno sarebbe in grado di fare i film che da decenni ci regala Nanni: il suo marchio di fabbrica è unico, e in “Caro diario” l’equilibrio e la maturità raggiunti sono sorprendenti.
È stato scritto tanto su quest’opera, capace di trionfare a Cannes l’anno successivo alla sua uscita. Ritengo sia giusto celebrarla, perché nel tempo è riuscita ad appassionare e a far sorridere, attraverso un’ironia sottile e mai banale, diverse generazioni. “Caro diario” non è soltanto la Roma estiva e desolata che Nanni ci fa scoprire girando in continuo a bordo del suo mitico motorino, ma è pure il soggiorno bizzarro sulle strepitose isole Eolie e la difficile battaglia contro la malattia, affrontata non solo nel terzo episodio del lungometraggio, ma anche nella vita reale.
Un lavoro a dir poco impeccabile, denso, raffinato. Tra le cose migliori che Nanni sia stato in grado di donare al proprio pubblico. Da standing ovation, senza esagerare.
Alessandro
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