Carlo Verdone, più di un mito

Curo questo blog da più di sette anni, ed è strano, singolare, che non abbia ancora mai scritto nulla su quello rimane per me un grandissimo, un idolo, un punto di riferimento: Carlo Verdone. Come tante altre persone di questo Paese, la mia vita è fortemente legata al suo cinema, e quindi ai suoi film, alle sue storie, ai suoi personaggi. D’altronde stiamo parlando di una forza della natura, un talento puro dotato di tecnica, sensibilità, ironia, profondità, genialità, creatività, estro, versatilità, esperienza: è quindi normale che, in oltre quarant’anni di straordinaria carriera, centinaia di migliaia di persone si siano legate in maniera indissolubile ai suoi lavori.
Al cinema di Verdone mi sono avvicinato prestissimo. Già da piccolo, intorno ai sei, sette anni, vedevo i suoi film insieme ai miei genitori e a mia sorella. In poco tempo sono riuscito a visionare praticamente tutte le sue piccole realizzate a partire da “Un sacco bello”. Dopodiché, recuperato lo “svantaggio” iniziale, non mi sono più perso nessuno dei suoi film finiti in sala dalla fine degli anni Novanta in poi.
Per quanto i suoi ultimi lungometraggi fatichino a reggere il confronto con i lavori che lo hanno consacrato, quindi i vari “Bianco, rosso e Verdone”, “Borotalco” e “Compagni di scuola”, ogni volta che viene annunciato un suo nuovo lavoro non rinuncio per nessuna cosa al mondo ad andare a vederlo al cinema, rispettando quella che si può considerare un’autentica tradizione (dal 2008 in poi, ho mancato l’appuntamento giusto con “Grande, grosso e Verdone” e “L’abbiamo fatta grossa”, poi visti di recente a casa).
La comicità di questo artista immenso mi si è praticamente incollata addosso. Nel corso di una qualsiasi giornata, più volte mi tornano in mente alcune celebri scene contenute nei suoi tanti film rilasciati. È una vera e propria prassi: mi basta osservare una situazione grottesca che accade in strada, o ripensare a un mio particolare atteggiamento o al modo di parlare di qualcuno, ed ecco che il mio cervello rielabora in automatico delle parti di film che in passato mi hanno fatto tanto ridere.
Ci sono sue pellicole che avrò visto decine di volte, e tra queste le già citate “Un sacco bello” e “Borotalco”, nonché “Acqua e sapone”, “Troppo forte”, “Viaggi di nozze” e “Gallo cedrone”. Una cosa del genere è avvenuta anche grazie al coinvogimento di alcuni amici, come me incapaci di resistere alla comicità dei suoi lavori, e quindi sempre pronti a rivivere grandi emozioni in tranquille serate da trascorrere all’insegna del divertimento.
Anche se la critica non ha mai dato il giusto risalto al suo operato, a mio avviso Verdone ha fatto qualcosa di straordinario nel suo lungo e travolgente percorso artistico. Con uno stile mai banale, ha tirato fuori del film unici, dove non c’è mai stato soltanto spazio per l’ironia, perché, in fin dei conti, i suoi lungometraggi contengono spesso e volentieri elementi delicati, malinconici. Insomma, si riflette e non poco vedendo i film del grande Carlo. E questo testimonia la sua bravura, il suo desiderio di confezionare qualcosa che rimanga, che non sia effimero.
Tornerò senz’altro a scrivere di lui e dei suoi film, ma concludendo questo post vorrei giusto confessare una cosa che, di fatto, mi conferma quanto e perché sia forte la mia ammirazione nei confronti di un grande attore, nonché regista e sceneggiatore. Mio zio Cosimo “Mino” Barbera, cugino di primo grado di mio padre scomparso un anno e mezzo fa, ha lavorato a lungo e in più occasioni con il Carlo nazionale. In quanto ben inserito nel mondo della produzione cinematografica, è stato con lui sul set per film quali “Borotalco”, “In viaggio con papà” (diretto però da Alberto Sordi) e “Ma che colpa abbiamo noi”.
Mio padre mi racconta sempre che durante la realizzazione di “Borotalco”, dove mio zio fece addirittura un cameo nella scena in cui Eleonora Giorgi viene accompagnata in macchina al concerto di Lucio Dalla, gli capitò di conoscere di persona Verdone, portando sul set una batteria da far suonare e riprendere. Io, purtroppo, non ho ancora mai avuto il privilegio di conoscere Carlo di persona, tantomeno di intervistarlo, ma quando accadrà non potrò non riferirgli questa cosa di mio zio Mino (sono sicuro che si ricorda di lui).
Insomma, Verdone è parte integrante della mia vita. Io gli sono riconoscente per quanto ci ha regalato fino ad oggi, e lo riterrò per sempre un gigante, un maestro inimitabile e grandioso.

Alessandro

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