Circa sette anni fa, nel 2013, quando collaboravo con la rivista online “Extra! Music Magazine”, mi capitò di leggere la recensione di un disco intitolato “From the Ages” e firmata dal caro amico e collega Giuseppe Celano. Quell’album era stato pubblicato da un gruppo di cui non avevo mai sentito parlare fino a quel momento, vale a dire gli Earthless, un trio americano in attività dal 2001 e con alle spalle già diverse pubblicazioni.
Ricordo che l’articolo, sicuramente ben scritto, lodava in maniera palese sia le qualità tecniche della band sia la resa globale di quel disco lì. Furono proprio questi aspetti, uniti per l’appunto a un giudizio entusiasta da parte dell’autore del pezzo, a incuriosirmi, inducendomi a dare un ascolto sia a “From the Ages” sia ai lavori sfornati in precedenza da Isaiah Mitchell e soci.
Ebbene, mi bastò sentire in cuffia e ad alto volume i quattro brani inclusi in “From the Ages” per sciogliermi in un attimo di fronte alla bravura, alla concretezza, all’ispirazione e al talento di un progetto validissimo, abile a coniugare gusto ed esplosività, sperimentazione e rigore. Anche i due album rilasciati prima di “From the Ages”, ovvero “Sonic Prayer” e “Rhythms from a Cosmic Sky”, riuscirono a conquistarmi con rapidità. D’altronde la formula messa a punto dagli Earthless appare piuttosto definita e convincente fin dagli esordi: la loro musica è fatta di lunghe cavalcate mozzafiato all’insegna di un rock robusto, in parte acido, in cui si scorgono anche delle aperture ricorrenti, nonché magistrali, verso la psichedelia.
Di sicuro lo stile degli Earthless non è alla portata di tutti, soprattutto se si prediligono canzoni brevi e contraddistinte dalla continua alternanza di strofa e ritornello. Credo tuttavia che un complesso simile, proveniente da San Diego, potrebbe mettere d’accordo non solo quegli ascoltatori alla ricerca di gruppi in attività dediti a sperimentare suoni particolari, ma anche quelle persone, ormai grandi, che nel tempo hanno amato opere indimenticabili partorite da formazioni legate all’hard rock e al progressive. Dico questo perché gli Earthless riescono a risultare moderni, non antiquati, rispettando comunque la tradizione.
Per me si tratta di un gruppo fenomenale, in grado di trasmettere emozioni forti attraverso delle progressioni chitarristiche da urlo e a un groove super, frutto di una sezione ritmica ben collaudata. Spero vivamente di riuscire un giorno ad assistere a un loro live: do per scontato che on stage siano perfetti e travolgenti.
Alessandro
Leave a Reply