Per quanto provi a sforzarmi, non riesco a ricordare come venni a conoscenza di un film magnifico come “Cinque pezzi facili” (“Five Easy Pieces”) risalente al 1970 e firmato da Bob Rafelson, regista a mio avviso un po’ sottovalutato eppure capace di realizzare parecchi altri film deliziosi quali “Il re dei giardini di Marvin” (“The King of Marvin Gardens”), “Il gigante della strada” (“Stay Hungry”) e “Il postino suona sempre due volte” (“The Postman Always Rings Twice”). Probabilmente un titolo del genere, “Cinque pezzi facili” per l’appunto, figurava in un qualche testo universitario da me consultato per un esame, tuttavia non ne sono molto sicuro. Di sicuro dovrei averlo recuperato e visionato una decina di anni fa, quindi nel bel mezzo del mio percorso di studi presso La Sapienza. Altro non posso aggiungere.
Avendolo visto una sola volta e, per di più, un bel po’ di tempo fa, non ricordo alla perfezione ogni passaggio del film. Posso comunque affermare di aver provato tante emozioni nel contemplare una storia così struggente e profonda, girata e montata con estrema sensibilità. “Cinque pezzi facili” è uno di quei film che, in quanto riuscitissimi, riescono a coinvolgere talmente tanto lo spettatore da non rischiare di far calare l’attenzione. Ogni cosa sembra funzionare alla perfezione in questo lungometraggio: la sceneggiatura è favolosa per i tempi che riesce a garantire e per le soluzioni adottate riguardo la successione degli eventi, poi vanno considerati anche altri aspetti come le bellissime location, i dialoghi, le musiche e la bravura degli attori.
A proposito di attori, vale la pena sottolineare il talento di Jack Nicholson che, come d’abitudine, regala anche qui una prova eccezionale. Il personaggio che interpreta, Robert, è un tipo molto cupo, confuso, dal carattere instabile: già piuttosto maturo a livello recitativo, in virtù dei tanti film girati in precedenza, Nicholson riesce ad amplificare tutto il suo sconforto dovuto, principalmente, a un passato non semplice. Impossibile, per quanto mi riguarda, negare quanto la presenza di Nicholson abbia dato una marcia in più al film. In ogni caso, credo sia opportuno considerare “Cinque pezzi facili” un’opera corale, nel senso che ogni altro attore incluso nel cast riesce a dare un contributo importante per la buona resa globale del progetto.
Alessandro
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