Circa dieci anni fa, in pieno periodo universitario, mi ritrovai a parlare del grande cinema di Krzysztof Kieślowski con un’amica nonché compagna di studi. Fino a quel momento conoscevo poco dell’indimenticabile regista: a parte le informazioni sulla sua carriera e sul suo stile ottenute attraverso i vari volumi accademici consultati, avevo visto giusto un paio di lavori legati al progetto “Decalogo”.
Serena, questo il nome della ragazza, spostò a un certo punto la conversazione sulla cosiddetta “Trilogia dei colori”, di fatto l’ultima esperienza cinematografica di Kieślowski che morì poco più che cinquantenne nel 1996. Le dissi che, per quanto incuriosito dall’idea di fondo, non avevo ancora avuto l’opportunità di visionare nessuna delle tre pellicole. Lei mi illustrò nel dettaglio i singoli lavori confidandomi di preferire il primo capitolo, vale a dire “Tre colori – Film blu” (Trois couleurs : Bleu) in cui la protagonista è la splendida Juliette Binoche.
Difficile a credersi ma, per quanto quel giorno mi ripromisi di vedere al più presto l’intera trilogia, ho lasciato passare quasi due lustri prima di rimediare. Ebbene sì, solo l’estate scorsa ho visto i tre (ultimi) lungometraggi di Kieślowski. Se “Tre colori – Film blu” mi ha indubbiamente colpito, a freddo posso dire di aver preferito (e di preferire) il secondo capitolo di tutto il progetto, cioè “Tre colori – Film bianco” (Trois couleurs : Blanc).
La sensazione che, almeno per me, fosse il più riuscito dei tre c’è stata abbastanza presto. Poi, con il passare delle settimane, quindi rielaborando quanto visto, mi sono tolto qualsiasi dubbio. Trovo semplicemente efficace la storia, di base alquanto pesante poiché viene raccontata la vicenda di un autentico fallimento matrimoniale, così come alcune soluzioni adottate dal cineasta polacco. Per essere chiaro, mi convince molto lo stile dell’intera pellicola, in grado di scorrere con rapidità tenendo alta l’attenzione dello spettatore, via via sempre più incuriosito dal modo in cui Karol riesce a riscattarsi a livello sociale mettendo in piedi una vendetta incredibile nei confronti dell’ex moglie.
Ricordo di essere stato molto “scosso” dalla visione di “Tre colori – Film bianco”, nel senso che durante la visione sono stato trasportato dalla vicenda, inizialmente angosciante ma poi quasi avvincente, per quanto nelle scelte fatte dal protagonista maschile sia ravvisabile un qualcosa di inquitante. Devo dire che Kieślowski ha lasciato all’umanità tre lungometraggi grandiosi. Al di là del fatto di preferire maggiormente un episodio anziché un altro, l’intera trilogia risulta non solo ben riuscita ma anche capace di essere apprezzata da chi ci si imbatte a oltre vent’anni dalla sua realizzazione. Credo che intrigherebbe anche un pubblico abbastanza giovane.
Alessandro
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