Sono sempre stato convinto del fatto che David Lynch si sia guadagnato l’affetto, la stima del grande pubblico attraverso film sperimentali quali “Eraserhead” e “Lost Highway”. Non c’è dubbio che determinate pellicole abbiano contribuito a scrivere pagine importati di un certo cinema occidentale, garantendo notorietà all’autore. Credo però che Lynch abbia dimostrato di essere meno criptico e ugualmente efficace portando sul grande schermo storie più “semplici” in termini di sceneggiatura. Nessuno mi toglierà dalla testa che “Blue Velvet”, “The Straight Story” e “The Elephant Man” siano dei film davvero ben riusciti. L’ultimo di questi tre, in particolare, è stato in grado di conquistare diverse generazioni grazie ad un’intensità e ad una profondità uniche.
Reduce da un esordio fortunato con un lungometraggio comunque particolare, ovvero “Eraserhead”, nel 1980 Lynch lancia sul mercato un film radicalmente diverso, un drammatico di quelli veri, da far venire il nodo alla gola per la vicenda che viene sviluppata e la tecnica adottata per raccontarla. “The Elephant Man” è semplicemente un capolavoro, un’opera magistrale, pervasa da maturità nonostante al tempo il regista americano avesse appena trentaquattro anni.
Vidi questa pellicola per la prima volta all’inizio del 2009, quando stavo preparando l’esame di Analisi del Film con il Prof. Paolo Bertetto, noto per aver dedicato gran parte dei suoi studi alla filmografia di Lynch. Devo ammettere che un lungometraggio del genere mi spiazzò nel vero senso della parola: da una parte perché mai mi sarei immaginato così tanta drammaticità, dall’altra perché ero abituato a ben altri film di Lynch. In quel preciso momento mi convinsi della sua estrema abilità nel sapersi esprimere con destrezza in qualsiasi tipo di contesto. Certo, poi non tutti i film di Lynch sono meravigliosi. “Inland Empire”, ad esempio, è quasi fastidioso in termini di costruzione. Tuttavia mi piace ricordare altre pellicole di questo artista che, nel corso della propria vita, non si è dedicato soltanto al cinema.
Alessandro
Leave a Reply