Fu la lettura della recensione del disco “Wilco (The Album)” a farmi conoscere i Wilco, sestetto americano capitanato da Jeff Tweedy e in attività dalla metà degli anni Novanta. Credo fosse l’estate del 2009, forse settembre. Da pochi mesi era stato pubblicato il loro ultimo album in studio e “Il Mucchio” dedicò alla band di Chicago la copertina di quel numero.
Fino a quel momento avevo solo sentito parlare dei Wilco, non avevo nemmeno idea di che genere musicale facessero. Pochi giorni dopo mi parlò di loro un caro amico, Matteo Portelli, componente dei bravissimi Mamavegas. Ebbene fu lui a consigliarmi vivamente di sentirli. Gli diedi retta, e nelle settimane successive cominciai a recuperare i loro album.
“Yankee Hotel Foxtrot”, “Sky Blue Sky”, “Summerteeth”, “A Ghost Is Born”, ma anche i primi “A.M.” e “Being There”: tanti dischi di pregevole fattura, con un rock variegato e mai ripetitivo, alle volte più morbido, alle volte più spigoloso e acido. Tanta qualità riscontrabile fin dai primissimi ascolti. Ci volle davvero poco per innamorarsene.
Il 30 maggio del 2010 vennero anche a Roma i Wilco. Non mancai a quel concerto che tennero all’Auditorium Parco della Musica. Regalarono una performance incredibile, con il pubblico della Sala “Santa Cecilia” in visibilio. Indimenticabile. Da lì in avanti solo amore e stima infinita per un gruppo fenomenale.
Alessandro
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