Ci ho pensato a lungo prima di scrivere e pubblicare questo breve post dedicato al compianto Bruno Pizzul, maestro indiscusso del giornalismo sportivo che con la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile non solo per il sottoscritto, ma per milioni di italiani.
Due, in sostanza, i motivi di questo mio “tentennamento”: la sensazione di scrivere un qualcosa di ovvio e retorico e, soprattutto, la consapevolezza di aver già salutato su questo blog un po’ troppi personaggi famosi negli ultimi mesi. Alla fine, però, ho assecondato il mio istinto, ritenendo giusto ricordare con poche parole quello che con il suo lavoro esemplare ha letteralmente illuminato la mia infanzia e la mia adolescenza.
Effettivamente ci sono tanti momenti cruciali della mia vita accompagnati dalla sua voce. Tante estati, e nello specifico tante partite giocate da quella Nazionale di calcio che lui ha raccontato fino al 2002, anno dei Mondiali in Corea e Giappone.
Ricordo pomeriggi roventi e nottate infinite con la bocca asciutta e il cuore in gola a tifare gli Azzurri e nell’aria, come un qualcosa di naturale e necessario, la sua voce unica, forte ma posata, rassicurante e coinvolgente, evocativa, imperiosa.
Almeno per me, tutto partì dai Mondiali in America, quelli su cui ho scelto di incentrare il mio romanzo d’esordio “Brividi d’estate”, dove il grande Pizzul viene anche notato dal protagonista Donato Brighenti poco prima della finalissima contro il Brasile al Rose Bowl di Pasadena. Dopo quell’approccio folgorante, è stato un continuo di emozioni assurde, basti pensare ai successivi Mondiali in Francia e agli sciagurati Europei disputati due anni dopo in Belgio e in Olanda, quelli persi ai tempi supplementari dopo aver avuto in pugno la vittoria per molti minuti.
Il 2-1 alla Russia nella gara d’esordio degli Europei del 1996 con doppietta di Pierluigi Casiraghi, l’1-0 contro la Norvegia agli ottavi di finale di Francia ’98, la semifinale pazzesca contro l’Olanda a Euro 2000, il ko surreale contro la Corea del Sud in quel maledetto 18 giugno del 2002: momenti di gioia incontenibile alternati ad altri scanditi invece da rabbia, dolore, frustrazione, amarezza, incredulità.
D’altronde questo è il calcio, un saliscendi di sensazioni uniche, nel bene e nel male. E il grande Pizzul, con la sua compostezza e la sua signorilità, non ha fatto altro che far arrivare nelle case degli italiani il suo punto di vista, sempre equilibrato e posato, a prescindere dagli avvenimenti.
Chiaramente Pizzul non ha curato soltanto le telecronache della Nazionale, dedicandosi spesso anche a importanti match europei disputati dalle squadre di club italiane. Però, ecco, per molti anni la sua voce e l’Italia di campioni infiniti sono state una cosa sola. E questa constatazione mi commuove tanto, lasciando sulla mia pelle brividi unici.
Addio caro Bruno. Formidabile, esemplare. Monumentale.
Alessandro
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