Damon Albarn e la sua genialità sconfinata

Fatico davvero a trovare un artista più completo e originale di Damon Albarn nell’attuale panorama pop rock mondiale. Certo, esiste gente del calibro di Thom Yorke, Justin Vernon, Dan Auerbach e Ben Howard, non c’è dubbio. Ma Mr. Albarn, in fin dei conti, ha qualcosa in più di queste e di tante altre persone in grado di entusiasmare il pubblico e di convincere puntualmente i critici quando arriva il momento di lanciare qualcosa di nuovo sul mercato.
Nonostante trenta e passa anni di onorata carriera alle spalle, il buon Albarn riesce ancora a sorprende e a spiazzare, a emozionare e a incantare. Che sia con i suoi album da solista oppure con quelli dei Gorillaz, questo “giovanotto” di cinquantasei anni sembra stare sempre sul pezzo.
Non parliamo di un compositore attento alle mode, tutt’altro. Albarn è un artista di una coerenza mostruosa, uno che non ha bisogno di adagiarsi sugli allori, né di confezionare produzioni simili tra loro per il solo scopo di accontentare i suoi estimatori: lui punta innanzitutto a essere se stesso, a fare qualcosa che lo soddisfi, a non perdere la propria integrità artistica.
Lo scorso anno, in maniera quasi inaspettata, ha sfornato un nuovo disco con i mitici Blur, a livello discografico fermi dal 2015. Non un capolavoro “The Ballad of Darren”, sia chiaro, ma rispetto alle tante cose abominevoli o comunque mediocri, uscite durante il 2023, un disco del genere si è rivelato senza dubbio un album di spessore, valido sia a livello sonoro sia in termini di scrittura.
Due anni prima, invece, un gioiello del calibro di “The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows”. Produzione decisamente particolare eppure capace di trasmettere tante emozioni, di stregare l’ascoltatore.
Nel 2014 aveva lasciato tutti a bocca aperta con “Everyday Robots”, album di una magia quasi indescrivibile. Si sarebbe potuto fermare lì e invece, nel bel mezzo del delirio provocato dalla pandemia, altro materiale inedito da far ascoltare. Roba di una qualità assoluta e assai contaminata, difficile da assimilare se poco esigenti e preparati a livello musicale: un lavoro complesso e ambizioso, ma in ogni caso frutto di una ricerca impressionante, nonché di una sensibilità autentica.
Proprio ora, navigando in rete con la poca lucidità rimasta dopo una lunga e pesante giornata di lavoro, leggo addirittura della pubblicazione di un secondo album con il progetto The Good, The Bad & The Queen avvenuta nel 2018 (con questa formazione, in precedenza, un gran bel disco uscito nel 2007). Semplicemente pazzesco, un pozzo senza fondo, un’anima irrequieta e ispirata.
Prolifico ma concreto, spiazzante ma abile ad arrivare a chiunque senza snaturarsi. Caro Damon, fin quando sarai tra di noi, non interrompere questo meraviglioso incantesimo innescato tempo addietro.

Alessandro

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