Ho un’ammirazione particolare per un artista del calibro di Fabio Concato, a mio avviso un cantautore strepitoso e che seguo da decenni con grande e costante entusiasmo. Alle sue meravigliose canzoni mi sono avvicinato da bambino, già intorno ai sei anni, di certo molto prima del periodo adolescenziale.
Tutto merito di mio padre e di mia madre, che in casa o in macchina facevano spesso partire una delle sue tante raccolte di successi in versione cd contenente, per l’appunto, il meglio della sua raffinatissima produzione (il titolo, onestamente, non lo ricordo). Mi tornano in mente tante giornate trascorse a sentire con mia sorella autentici cavalli di battaglia quali Fiore di maggio, Domenica bestiale, Tienimi dentro te e Sexy tango.
Proprio con mia sorella sono andato a vederlo nel dicembre scorso qui a Roma presso l’Auditorium Parco della Musica, che reputo un luogo straordinario per la diffusione della cultura. Pur avendolo visto sempre lì pochi mesi prima, mi sono puntualmente emozionato come un ragazzino.
Le sonorità curate, la scaletta impeccabile, i musicisti dietro a lui di una preparazione incredibile: un vero e proprio fuoriclasse, capace di coinvolgere il pubblico dall’inizio alla fine, tra una canzone e l’altra e durante l’esecuzione di ogni brano. Quando si vivono serate del genere, ogni tipo di problema passa in secondo piano, perché la musica ha questo potere incredibile di scuotere e di purificare la mente, scacciando via, seppur non in maniera definitiva, bensì temporanea, ansie e cattivi pensieri.
Devo ammettere che anche quando ascolto i dischi in studio di Concato mi sento più leggero. La sua voce e i testi e le melodie dei suoi pezzi mi rincuorano, mi fanno vedere le cose sotto un altro aspetto. Riesco a concentrarmi sulle immagini evocate attraverso strofe magiche e, di conseguenza, a sentirmi in pace con il mondo.
Trovo che un artista simile abbia sempre saputo, con una rara maestria, soffermarsi sui momenti belli del vivere e del quotidiano, cosa che pochi altri suoi colleghi, almeno in Italia, sono stati in grado di fare. Fino ad oggi, tra i tanti cantautori italiani ascoltati con attenzione, mi è capitato assai raramente di contemplare canzoni profonde e molto intime come quelle confezionate da Concato, pezzi esemplari nel far risaltare la descrizione di quello che si prova passeggiando con la propria amata oppure raggiungendo una spiaggia o una piccola trattoria fuori città.
Ecco, Concato ha più volte lavorato in quest’ottica, nel senso che si è concentrato su situazioni all’apparenza semplici eppure in grado di trasmettere forti emozioni. Ovviamente, quando si ascoltano le canzoni, capita di immedesimarsi, e devo ammettere che con i pezzi di Concato tutto ciò si verifica in continuo, anche se lui ha avuto la sua vita e io la mia.
La musica è straordinaria perché crea dei collegamenti pazzeschi, cose davvero fuori dall’ordinario. Non posso dunque non ringraziare infinitamente questo superbo autore e interprete, perché dagli anni Settanta ad oggi ha sfornato pezzi sublimi, finiti in dischi che, a mio modesto parere, non hanno avuto la giusta attenzione mediatica.
Amo tantissimo i suoi lavori degli anni Novanta, quindi “Giannutri”, “In viaggio”, “Blu” e “Fabio Concato”. Dal 2000 in poi ha ridotto sensibilmente la produzione, ma “Ballando con Chet Baker” del 2001 e “Tutto qua” del 2012 sono degli autentici gioielli, e spero proprio che a breve il Maestro ci regali un nuovo album intriso di quella dolcezza innata che avvolge la sua anima luminosa.
Alessandro
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