“Madre non madre” della mitica Valentina Lupi

Dopo una lunghissima attesa, durata più di otto anni, Valentina Lupi è tornata sulle scene con un nuovo album intitolato “Madre non madre” e pubblicato l’autunno scorso da Romolo Records. Un’uscita importante per quelle persone che nel tempo si sono legate alla sua scrittura magnifica e alla sua voce soave, piena di pregevoli sfumature.
Non ho mai nascosto una grande ammirazione per quest’artista, stilisticamente a fuoco fin dagli esordi: poche cantautrici, in Italia, scrivono con una grazia simile. Dolcezza e ruvidità sono da sempre nella sua indole di autrice imprevedibile, una che quando sceglie di far sentire al proprio pubblico del materiale inedito lo fa perché ha davvero delle cose da dire.
Tutto ciò si è verificato anche con “Madre non madre”, ideale seguito di “Partenze intelligenti”, minialbum del 2015 costituito da cinque pezzi brillanti a cui è poi seguito un silenzio discografico particolarmente lungo. Il fatto di stare ferma per così tanto tempo avrebbe potuto condizionare in maniera negativa la scrittura e la produzione di questo nuovo album, eppure la brava Valentina si è ripresentata più in forma che mai.
In “Madre non madre” ci troviamo di fronte a una cantautrice ispirata e grintosa, soprattutto desiderosa di raccontare sé stessa e il mondo circostante in una maniera per nulla scontata e banale. I nove pezzi dell’album toccano temi di vario genere, perché si va dal privato di tracce quali
Non potevi mancare tu e Mio re a brani capaci, con una sensibilità esemplare, di dare voce ad altre persone (emblematica, in tal senso, la struggente e potentissima Sette minuti, canzone che non può davvero lasciare indifferente l’ascoltatore).
In circa mezz’ora di musica si condensano grandi emozioni: indubbiamente riemerge tanto del suo vissuto, i momenti più difficili e quelli invece più radiosi che hanno segnato questi ultimi anni. Ripeto: tutto quanto viene evocato con estrema sensibilità: non ci sono passaggi mediocri, e ogni parola e ogni suono scelti sembrano assai calzanti.
Ci tengo a sottolineare il grosso contributo che un musicista strepitoso come Adriano Viterbini ha dato a questo gioiello che è “Madre non madre”: chiamato a occuparsi della produzione dell’album, ha dimostrato una bravura impressionante in termini di arrangiamento, perché ognuno dei nove pezzi in scaletta denota un vestito sonoro non solo adeguato, ma anche all’altezza delle sue caratteristiche.
Qua e là si scorgono alcuni dei suoi tanti riferimenti musicali, ad esempio i fraseggi ipnotici di chitarra di Bombino nella traccia d’apertura Ho visto Gesù e il gusto di Dan Auerbach nella atmosfere rétro della già citata e sontuosa Mio re, intrisa di una magia e di una luminosità sbalorditive.
Al di là di questi aspetti, penso vada lodata la sua abilità nell’aver saputo valorizzare in modo impeccabile le tracce scritte in precedenza da Valentina prima di entrare in studio. Ottimo, inoltre, il lavoro dei musicisti coinvolti durante le registrazioni: interessanti e non invadenti pure le incursioni del beatboxer Vezeve, pronto a rendere più accattivante e assai contemporanea una canzone di livello come
Pronta a ballare, forse uno degli episodi più notevoli dell’intera raccolta.
C’è da essere soddisfatti per quello che un’artista come Valentina Lupi è in grado di fare. Mi auguro che con questo disco possa tornare ad avere la giusta visibilità e, soprattutto, a suonare tanto dal vivo non solo a Roma e dintorni. Se lo merita proprio.

Alessandro

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