Il magnifico “Harry a pezzi”

Non so davvero quanto risi, anni fa, vedendo lo straordinario “Harry a pezzi” (“Deconstructing Harry”) di Woody Allen. Una commedia superlativa, frutto di una scrittura impeccabile e ispirata: di certo tra i miei film preferiti del grande Woody.
Si tratta di una pellicola relativamente recente, in quanto arrivata nelle sale di tutto il mondo nel corso del 1997, quindi poco più di venticinque anni fa. All’epoca, il grande cineasta e attore americano aveva già alle spalle numerose opere eccezionali, anche se la pancia era tutt’altro che piena e la voglia di entusiasmare il pubblico a dir poco abbondante e tangibile.
Pur sfornando un numero notevole di film in quel decennio, l’ultimo prima del Duemila, con “Harry a pezzi” il buon Woody riuscì a superarsi, tirando fuori un lavoro delizioso, ovviamente non il film del secolo ma comunque una commedia esilarante, dotata di grande ritmo e di picchi di ironia straripanti, tanto forti da togliere quasi il fiato, da far piangere. A distanza di anni, riscontro ancora una qualità importante sotto vari punti di vista.
Dal cast di spessore ai dialoghi folgoranti, dalla sceneggiatura travolgente alle location sublimi: tutto sembra funzionare alla perfezione all’interno del film. La trama è abbastanza in linea con quelle commedie in cui Woody dirige e recita, perciò emergono quegli elementi che hanno reso inconfondibile il suo marchio di fabbrica.
In “Harry a pezzi” troviamo un uomo di mezza età alle prese con innumerevoli problemi esistenziali. Tragedie sentimentali che lo tormentano e lo inghiottono, dubbi e angosce costanti, difficoltà evidenti nella gestione della propria carriera. Insomma, tutti ingredienti perfetti per creare qualcosa di succulento e strutturato.
“Harry a pezzi” potrebbe essere considerato la commedia ideale del Woody Allen di fine secolo. Ci sono quella fotografia calda e quel montaggio e quelle inquadrature eleganti, nella loro semplicità, che non alterano affatto l’andamento della storia. Nel vederlo oggi provo parecchia nostalgia per una fase brillante del cinema americano: in quegli anni dagli Stati Uniti arrivavano quasi sempre opere splendide, a prescindere dal genere.
Si produceva tanto, eppure c’era un proliferare emblematico, sorprendente, di creatività. Erano bei tempi, si viveva bene, c’era un clima frizzante e positivo. E in quel clima chi scriveva storie era nelle condizioni ideali per tirare fuori dei prodotti capaci di convincere tante persone. Forse qualcuno non concorderà, eppure sono fermamente convinto di questo. E mi inchino di fronte a quel gioiello di “Harry a pezzi”.

Alessandro

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