La grande arte di Paolo Benvegnù

Dei tanti cantautori italiani in attività, il milanese Paolo Benvegnù è di certo uno di quelli che ammiro maggiormente. Lo seguo da tanti anni, forse da una quindicina. Per ragioni anagrafiche, gli Scisma non me li sono goduti (la scoperta, purtroppo, è avvenuta dopo il loro scioglimento). Ma quando all’inizio del nuovo millennio cominciarono a sentirsi i suoi primi componimenti, la mia attenzione venne giustamente rapita tanta bellezza e profondità.
Benvegnù è un artista superlativo, davvero un patrimonio per quanto riguarda la musica italiana. Può contare su una scrittura sontuosa ed elegante, unita a una voce potente, suggestiva, e a una sensibilità musicale che gli permette di confezionare degli album mai sottotono, bensì ispirati, coerenti, raffinati. Anche le produzioni più recenti, come “H3+” e “Dell’odio dell’innocenza”, entrambe di enorme qualità, dimostrano quanto un autore del genere abbia ancora tante cose da dire.
Se si esclude “Hermann” del 2011, un lavoro discreto ma forse non riuscitissimo, prevedibile, la discografia di questo musicista è praticamente impeccabile. Fino ad oggi, Benvegnù ci ha regalato opere magnifiche, costituite da canzoni alquanto valide e ben strutturate. Si potrebbe fare un elenco lunghissimo dei suoi gioielli più autentici, tuttavia ci si potrebbe dimenticare di tanti capolavori inclusi in dischi come “Piccoli fragilissimi film” e “Earth Hotel”.
Sono parecchi i concerti di Benvegnù ai quali ho assistito. Ne ricordo ben tre nel corso del 2011, anno di uscita del già citato “Hermann”. Ricordo benissimo grandi performance, come quella al Circolo degli Artisti di Roma in primavera e quella all’Auditorium Parco della Musica un po’ di mesi dopo, probabilmente a dicembre. L’ultimo suo live che sono riuscito a vedere è stato quello del giugno scorso, sempre all’Auditorium, ma alla Cavea. Un set impressionante, arrivato dopo quello delizioso del caro Roberto “Bob” Angelini.
Mi ritorna in mente una performance intensissima, esplosiva. Quella sera, sul palco con lui c’erano quattro, cinque musicisti giovanissimi, forse poco più che ventenni. La carica sprigionata da tutti mi fece semplicemente impazzire, andare in visibilio: da tempo non contemplavo uno show così coinvolgente. Un qualcosa di sensazionale che, spero, riuscirò a provare di nuovo a breve. Intanto, mi godo alcune delle sue meraviglie destinate all’eternità.

Alessandro

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