È la prima volta, credo, che mi ritrovo a scrivere dell’immenso Lucio Battisti su questo blog. Neanche un post a lui dedicato in otto anni: pazzesco, imperdonabile. Non so davvero come sia potuto accadere. Perché Battisti, per me, è stato un punto di riferimento assoluto. Da piccolo, molto piccolo, lo ascoltavo tantissimo, a ripetizione. Era una costante nei pomeriggi in macchina con i miei genitori e mia sorella. Giuro che per tanto tempo, in mia presenza, non si poteva ascoltare altro: o lui o niente. Inutili anche le proposte più valide.
Una meravigliosa ossessione. Ecco cosa è stato per me. Lui che con quella voce magnifica, abile a tessere melodie straordinarie, mi portava altrove. Gli devo tanto, perché le sue magiche canzoni mi hanno in qualche modo aperto una strada inedita, facendomi comprendere la potenza della musica e le sue infinite sfaccettature: territori sconfinati in cui perdersi del tutto.
Vento nel vento, incluso nell’album “Il mio canto libero” del 1972, è indubbiamente un componimento incredibile. La dolcezza e l’intensità che lo pervadono sono uniche. Solo gli accordi iniziali di pianoforte riescono a far venire la pelle d’oca. I tre minuti seguenti corrispondono a un volo entusiasmante nell’azzurro più cristallino, un mix estasiante di emozioni.
I versi toccanti delle strofe lasciano il posto a un inciso che è folgorante, senza ombra di dubbio. Il testo è favoloso, molto aderente alla musica su cui poggia. Quegli archi poi, un’altalena di sussulti, un’esplosione di bellezza. Insomma, un capolavoro assoluto.
Era un periodo speciale, quello, per Battisti, ancora al lavoro con Mogol e con tante cose da dire. Un periodo d’oro, costellato da canzoni sublimi inserite in dischi che, ancora oggi, dettano legge. Roba inimitabile, di una classe pura e superiore.
In questo caso parliamo di un brano devastante, probabilmente uno dei migliori in assoluto tra quelli firmati dal compianto genio, venuto a mancare quasi venticinque anni fa. Vento nel vento potrei risentirla decine di volte in un solo giorno senza mai stancarmi: più passa il tempo, più brilla di una luce abbagliante.
Per un po’ di anni, non so come, mi ero dimenticato di questo pezzo. Poi, nel 2014, il caro Diodato ne fece una splendida versione a “Che tempo che fa”, così tutto tornò a galla e si ripresentò l’esigenza di andare a risentire tutte le incantevoli creazioni del nostro Lucio, inspiegabilmente messe da parte, in un angolo remoto della testa.
Lunga vita alla poesia che scuote e rigenera.
Alessandro
Luglio 29, 2023
D’accordissimo con te Alessandro. Un genio della musica che ha incontrato un paroliere fantastico. Questo brano Vento nel vento é davvero sublime. L’emozione che si prova ad ascoltarlo è grande e non ci sono parole che possano esprimerla. Grazie Lucio Battisti e grazie Giulio Rapetti!
Ciao
Agosto 3, 2023
Una canzone straordinaria, tra le più ispirate del grande Lucio. Fondamentale, anche qui, l’apporto di Mogol.
Grazie per essere passato da queste parti e per aver commentato queste poche righe che mi sono permesso di dedicare a un componimento unico e profondissimo.
Alla prossima.