Quando penso alle grandi opere cinematografiche capaci di folgorarmi alla prima visione, mi torna sempre in mente “Barry Lyndon”, autentico capolavoro firmato da Stanley Kubrick che raggiunse le sale di tutto il mondo nel lontano 1975, ben quarantasei anni fa. Per me resta un film magnifico, travolgente. Nonostante la lunga durata, si lascia guardare tranquillamente, a conferma del fatto che la storia raccontata, quella dell’irlandese Redmond Barry, sia coinvolgente e struggente al punto giusto.
Poiché tanti critici preparati hanno scritto molto e bene in passato a proposito di una pellicola simile, che all’epoca della sua uscita non ottenne tra l’altro incassi spropositati, mi guarderò bene dall’avventurarmi in un inutile – e improbabile – saggio attraverso questo post. L’unica cosa che vorrei sottolineare a proposito di “Barry Lyndon”, è la fotografia magnifica costruita dall’immenso regista inglese insieme a John Alcott: come è noto, per questo film si scelse di girare con luce naturale, e i grandi sforzi fatti sul set permisero di ottenere un risultato stratosferico.
Evitando di ricorrere ad apparecchi di vario genere, in grado di creare un’illuminazione artificiale, Kubrick riuscì nell’impresa di ottenere un’immagine a dir poco affascinante, calda e, per l’appunto, non costruita a tavolino, sfruttando invece determinate atmosfere purissime garantite dalla potenza dei raggi del sole. Optando per una soluzione simile, i tecnici e gli attori poterono lavorare soltanto in determinate ore del giorno, facendo affidamento sulla propria pazienza, nonché sulla propria sensibilità. Come detto, ne valse davvero la pena e il sacrificio finì per premiare: numerose inquadrature del film assomigliano quasi a dei dipinti, e visionando la pellicola attraverso un monitor adeguato si riescono ad apprezzare benissimo vari dettagli, restando così a bocca aperta.
Oltre all’aspetto puramente estetico del film, “Barry Lyndon” convince per molte altre caratteristiche, si pensi alla sceneggiatura stessa, ai dialoghi, alla validità del cast, al montaggio, alle musiche. Insomma, credo si possa tranquillamente parlare di opera d’arte. In questi ultimi anni, parlando con vari amici amanti del cinema, mi sono reso conto del fatto che non lo abbiano visto in tanti: per quanto mi riguarda, continuo a consigliarlo pure oggi.
Chi, soprattutto per la sua lunghezza, esprime qualche perplessità in partenza, farebbe bene a mettere da parte lo scetticismo. Questo perché, grazie a una maestria e a una maturità fuori dal comune, Kubrick fu in grado di confezionare un prodotto unico, per nulla ridondante e noioso. Ci si emoziona vedendo “Barry Lyndon”, e pure tanto. Si pensa e si piange, come è inevitabile che sia seguendo le varie fasi della vita del protagonista (devastante, ad esempio, il momento della perdita del figlio).
Davvero un qualcosa di sublime, imperdibile. Un pezzo importante della storia del cinema.
Alessandro
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