Qualche mese fa, probabilmente a giugno (non so dire con esattezza), mi sono goduto con estremo piacere “Apocalypto”, opera firmata da Mel Gibson risalente al 2006. Da anni morivo dalla voglia di visionare con attenzione una pellicola capace di intrigarmi già all’epoca della sua uscita nelle sale attraverso un trailer d’impatto, caratterizzato da immagini suggestive e da un montaggio incalzante, serrato. Quando venne distribuito in Italia, purtroppo, non ne approfittai e non mi recai quindi al cinema (il motivo mi sfugge, in ogni caso sbagliai).
A distanza di parecchie settimane dalla visione, posso confermare come le mie alte aspettative sul film siano state ampiamente rispettate: “Apocalypto” è un lungometraggio di grande spessore, tanto forte ed emozionante da rapire lo spettatore appassionato di luoghi selvaggi, primordiali, e di vicende drammatiche inserite in momenti storici lontani. Ricordo che quando venne lanciato, mi capitò di leggere degli articoli e delle recensioni non proprio positivi. In tutta onestà, non riesco a capire il perché di alcuni giudizi eccessivamente pacati: con un’abilità oggettiva, Gibson riuscì a confezionare un prodotto notevole, alquanto interessante.
Documentandomi sul web e vedendo i contenuti extra racchiusi nel dvd preso in prestito alla Biblioteca Franco Basaglia, ho scoperto che per la realizzazione di “Apocalypto” vennero spese delle cifre enormi. I tanti soldi investiti servirono addirittura a ricreare alcuni antichi templi messicani edificati molti secoli fa. Insomma, considerando i posti incredibili raggiunti per effettuare le riprese, che mostrano un’immensa foresta nello Yucatán dove vive una piccola tribù sconvolta dall’assalto di terribili nemici, è possibile dire che mettere in piedi questo film abbia rappresentato un’autentica impresa per le centinaia di persone coinvolte.
Il bello di “Apocalypto” è che cresce d’intensità con il passare dei minuti. Superata la prima metà del film, in cui assiste al saccheggio di una tribù del posto, con la conseguente deportazione di alcuni malcapitati destinati ad essere sacrificati, il ritmo non fa che accelerare in maniera progressiva a partire dalla disperata fuga del protagonista, noto come Zampa di Giaguaro. La sua necessità di scappare è dovuta al tentativo di salvarsi dal massacro e anche di andare a recuperare la moglie incinta e il figlio, nascosti in una sorta di pozzo al momento dell’arrivo dei nemici.
Si assiste perciò a una cavalcata disperata e, al contempo, sensazionale. Tante le insidie sul cammino del ragazzo, provato dalla paura e dalla stanchezza anche se spinto a non fermarsi da una tenacia incredibile. Un film davvero valido e suggestivo, consigliato soprattutto ai più scettici, ovvero a coloro che, sino ad oggi, per motivi diversi, non hanno mai pensato di dargli una chance.
Alessandro
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