Sono tante le canzoni – così come i dischi – degli Oasis a cui resto particolarmente legato, per quanto oggi mi capiti raramente di sentirli (in ogni caso posseggo tutti i loro album di inediti originali). C’è tuttavia un brano che, nell’ascoltarlo pur senza troppa attenzione, riesce puntualmente a farmi venire la pelle d’oca. Mi riferisco a Don’t Go Away, pezzo di successo sfornato dalla band nel 1997 ma, di fatto, meno gettonato rispetto a hit del calibro Wonderwall, Live Forever, Go Let It Out, Don’t Look Back in Anger.
Incluso nell’album “Be Here Now”, uno dei miei preferiti tra quelli rilasciati dalla celebre band di Manchester in circa quindici anni di carriera, il brano in questione venne scelto come quarto e ultimo singolo estratto dal successore dell’acclamatissimo “(What’s the Story) Morning Glory?”. Grazie al videoclip realizzato per accompagnarlo, ebbi modo, nel lontano 1998, di imbattermici facendo zapping in televisione.
Ricordo che il video veniva passato spesso da Mtv, il che mi permise di assimilare a dovere il pezzo accompagnato dalle immagini. Mi bastarono un paio di ascolti per apprezzarlo, comprendendone l’indubbio spessore, l’evidente profondità. All’epoca non avevo neppure dieci anni, perciò non riuscivo a capire di cosa parlasse la canzone. Tuttavia, quel sound così in linea con il marchio di fabbrica di Liam e Noel Gallagher finì per conquistarmi in attimo: quel bridge semplice e quell’inciso a dir poco ispirato mi stesero.
E sono ancora oggi, nel 2020, quegli elementi a commuovermi, segno che dei componimenti di cui vado alla ricerca mi interessano sempre aspetti simili. Insomma, a mio avviso si tratta di un pezzo fenomenale, immediato, suonato in maniera ottimale e ben interpretato vocalmente da Liam. Andando avanti, ho finito per apprezzarlo maggiormente. Questo grazie alla lettura attenta del testo, dove in sostanza ci si sofferma sulla volontà di non perdere per sempre all’improvviso una persona alla quale si è molto legati.
Sembra che Noel la scrisse quando la madre si trovava ricoverata in ospedale per un sospetto cancro. E pensare che quando ero piccolo credevo fosse una canzone d’amore nella quale si chiedeva a una ragazza di non andare via, di non chiudere una storia. In fin dei conti è ugualmente una love song, anche se l’amore trattato è di un altro tipo.
Davvero non so spiegarmi il perché di questa forte attrazione verso Don’t Go Away. So solo che ogni ascolto non mi lascia mai indifferente. L’ultima volta che l’ho sentita sarà stato nel corso di questa settimana. La diffondeva una radio commerciale all’interno di qualche negozio e, non appena riconosciuti quei pochi accordi, mi sono incantato. Mi sono ritornati in mente i frammenti del videoclip che da ragazzino ammiravo davanti allo schermo televisivo piazzato in salotto. Quanti ricordi, quante emozioni in quel periodo della vita dove una nuova scoperta musicale rappresentava un meraviglioso, travolgente e innocuo shock.
Alessandro
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