A partire dal suo esordio sul grande schermo, avvenuto nel 2010 con il film “La solitudine dei numeri primi”, ho seguito con entusiasmo, partecipazione, gioia e interesse il percorso artistico di Luca Marinelli, attore romano classe 1984 capace, tramite un buon numero di pellicole, di mettere d’accordo pubblico e critica in virtù di un talento da non sottovalutare. Quel talento che gli ha già permesso di ottenere la giusta considerazione nel proprio settore di competenza nonché riconoscimenti piuttosto importanti (credo basti ricordare solo la conquista della Coppa Volpi a Venezia, nel 2019, per il ruolo da protagonista ricoperto nel delizioso “Martin Eden”).
Perché tanta attenzione, da parte mia, nei suoi confronti? La risposta è semplice: con grande orgoglio posso dire di aver frequentato la sua stessa scuola. Ebbene sì, entrambi eravamo iscritti al Liceo Cornelio Tacito. Io ho fatto il linguistico, lui il classico. In ogni caso l’edificio era lo stesso: la succursale del Liceo situato nel quartiere Monte Mario, lungo via Sebastiano Vinci (la sede centrale si trova nel quartiere Prati, in via Giordano Bruno). Bisogna subito precisare che tra di noi ci sono ben quattro anni di differenza, considerando che io sia del 1988. Tuttavia, se non ricordo male, lui perse un paio di anni in quel periodo, dunque ci fu modo di vederlo aggirarsi a scuola per parecchio tempo.
Premetto che all’epoca non ci conoscevamo, quindi in linea di massima ci si salutava appena fuori in cortile oppure tra una lezione e l’altra, nei corridoi. C’è però un episodio curioso che mi fa piacere ricordare in questo intervento prima di tornare a concentrarmi sul Marinelli attore. Nella tarda primavera del 2006, probabilmente nel mese di maggio, a campionato finito, disputai con il Primavalle Calcio (squadra nella quale militavo in quel periodo) un’amichevole casalinga contro il Don Orione, storica società calcistica romana. Giocavo in porta e, incredibile ma vero, il portiere degli avversari era Marinelli! Mi fa ancora strano ripensarci. Se non altro fu quasi paradossale trovarsi uno contro l’altro per un discorso di età perché, ricordo, io sono più piccolo di lui di quattro anni. L’unica spiegazione che mi diedi al tempo fu questa: trattandosi di categoria Juniores, dove ci sono meno restrizioni a livello di età, ci ritrovammo sfidanti perché, forse, io ero arruolato in una rappresentativa di giocatori più grandi di me mentre lui, invece, figurava come fuori quota.
Non mi sembra un aspetto troppo rilevante, eppure si tratta comunque di una dinamica abbastanza buffa e singolare. Tra l’altro non ricordo come andò a finire la partita, forse terminò in pareggio. Detto ciò, vorrei spendere qualche parola per questo ragazzo alla luce di quanto ha saputo dimostrare finora mettendosi davanti alla cinepresa. Al di là del talento indubbio, già ravvisato dal sottoscritto, vedendolo recitare emergono altre importanti qualità che gli permettono di distinguersi in questa particolare fase storica del cinema italiano. Innanzitutto la duttilità, quella grazie alla quale riesce a destreggiarsi a seconda del personaggio che viene chiamato ad interpretare, che sia legato a una vicenda drammatica oppure a una più leggera. Poi penso vada sottilineata la sua umilità, tangibile sia sul set sia di fronte ai cronisti. Da non sottovalutare, inoltre, l’impegno, l’abnegazione: ad oggi ho sempre notato una grande preparazione vedendolo in azione, a prescindere dalla buona riuscita o no dei lungometraggi che si avvalevano della sua presenza nel cast.
Sto dando proprio ora un’occhiata alle pellicole in cui Luca ha recitato negli ultimi dieci anni. Ammetto di non aver visto diversi film quali “L’ultimo terrestre”, “Waves”, “Il mondo fino in fondo”, “Il padre d’Italia”, “Lasciati andare”. Ciò mi induce ad attivarmi presto per procurarmi tutti questi lavori. Riguardo invece alle opere che sono riuscito a visionare, ho apprezzato per forza di cose le sue performance in “Non essere cattivo”, “Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Una questione privata”, “Fabrizio De André – Principe libero” e il già citato “Martin Eden”. Molto gradevole poi il contributo dato alla discreta riuscita di “Tutti i santi giorni” di Paolo Virzì. Insomma, la bravura è sotto gli occhi di tutti. Da apprezzare anche il fatto che, fin dagli esordi, si sia ritrovato al fianco di registi affermati o quantomeno validi.
Mi è capitato spesso di parlare di Luca con Francesca, la mia ragazza che ha studiato sempre al Tacito. Lei stessa mi ha fatto presente come già ai tempi del liceo il buon Marinelli provasse ad accostarsi al mondo della recitazione prendendo parte a dei laboratori teatrali che si tenevano di pomeriggio, dunque fuori dall’orario scolastico. Si vocifera che il più delle volte Luca tendesse a defilarsi un po’, dedicandosi ad aspetti distanti dall’attività attoriale come, ad esempio, la supervisione del comparto luci. Non so quanto siano vere queste cose. In ogni caso, lui di strada ne ha fatta proprio tanta. E il successo ottenuto a suon di film se l’è guadagnato tutto.
Alessandro
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