Gentle Giant, formazione con un altro passo

Pensando al progressive, non credo di sbagliare nell’affermare che i Gentle Giant siano stati uno dei primi gruppi legati al genere da me conosciuti e, soprattutto, apprezzati. Quando ero molto piccolo, grazie ovviamente a mio padre, in casa c’erano già diversi album rilasciati in passato da formazioni dedite a sviluppare il prog. E sui vari scaffali non mancavano di certo alcuni dischi confezionati proprio dai Gentle. In realtà erano giusto un paio, dunque un numero inferiore rispetto, ad esempio, al materiale dei Pink Floyd e dei King Crimson di cui si disponeva.
Per l’esattezza, mio padre possedeva “Gentle Giant” e “Octopus”, ovvero il disco d’esordio e il quarto lavoro in studio di Derek Shulman e soci. La cosa abbastanza comica è che, di fatto, fui attratto da ciò che in realtà mi spaventava. Cerco di essere più chiaro: a quell’età (ripeto, avrò avuto meno di dieci anni) mi impressionò l’immagine di copertina di “Gentle Giant”. Semplicemente mi inquietava il volto disegnato del personaggio barbuto, calvo e con i grandi occhi chiari rivolti verso l’alto.
Quell’illustrazione aveva comunque qualcosa di evocativo, qualcosa che stuzzicava la mia fantasia, nel senso che mi faceva pensare a scenari nordici e fiabeschi, dunque a musiche in qualche modo capaci di suggerire tali contesti. In fin dei conti non sbagliavo. Il primo album l’ho sentito parecchio anche se, inizialmente, quasi mai per intero. Solo alcune canzoni, perché ero consapevole di non essere in grado di reggere l’ascolto integrale di un lavoro di sicuro favoloso ma, tutto sommato, ostico.
“Octopus” l’ho assimilato quando ero ormai grande, intorno al 2006. Nel frattempo avevo compreso sia la bellezza di “Gentle Giant” sia la bravura generale di tutti gli elementi del gruppo. Ancora oggi ritengo i Gentle una delle band più valide e concrete in ambito prog. Le ragioni sono diversi. Intanto credo sia sotto gli occhi di tutti la tecnica eccellente di ogni elemento, quella che gli ha sempre permesso di trovare soluzioni geniali e al contempo gradevoli per costruire una canzone. Poi mi sorprende sempre la sensibilità del celebre e indimenticabile gruppo inglese, puntualmente in grado di confezionare dei progetti discografici spiazzanti eppure molto coerenti a livello di contenuti testuali e di scelte musicali.
Potrei dedicare ancora decine di righe ai Gentle ma, guardando l’orologio, note come si stia facendo tardi (devo uscire per incontrare un caro amico che non vedo da un po’). Inoltre sono abbastanza certo del fatto che in futuro parlerò ancora di loro su questo blog.
Alla prossima.

Alessandro

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