Non potrò mai dimenticare le grandi emozioni provate nel leggere “Fiesta” di Ernest Hemingway, il romanzo d’esordio del celebre scrittore americano rilasciato a metà degli anni Venti. Se la memoria non m’inganna dovrebbe essere stato il 2017. Certamente era d’estate, la stagione in cui riesco a dedicare maggiore tempo alla lettura perché, oltre al periodo di ferie, si attenua la mole di lavoro al punto tale da non essere più obbligato a fare chiamate o a inviare mail dopo essere uscito dalla redazione.
Prima di “Fiesta”, di Hemingway avevo letto solo il delizioso “Il vecchio e il mare”, un libro breve e molto gradevole da cui tirai anche fuori una canzone che finì ben presto nel repertorio live dei Capo Da Roha, progetto di musica d’autore con cui collaborai dal 2010 al 2014 in qualità di paroliere (credo di aver già scritto qualcosa riguardo tale esperienza in questo blog, magari un domani ne parlerò più nel dettaglio).
Mi bastarono una manciata di pagine per comprendere lo spessore di un testo sublime. Andando avanti con la lettura mi entusiasmai progressivamente: impossibile restare indifferenti rispetto all’efficacia dell’intreccio, così come ai magnifici scenari evocati dall’autore, abile a tenere alta l’attenzione del lettore attraverso dei dialoghi impeccabili e a uno stile narrativo asciutto eppure incredibilmente incisivo.
Fatico a ricordare quanto mi ci volle a finire “Fiesta”, tuttavia impiegai davvero pochi giorni a divorarlo. Troppo bello, davvero. E assolutamente travolgente. Adorai così tanto la storia raccontata da Hemingway che speravo non finisse più. Ogni tanto mi capita di desiderare questo, cioè che il “viaggio” duri a lungo. E quando questo avviene vuol dire che qualcosa è scattato veramente, che sono entrato in tutto e per tutto nel mondo costruito dall’autore di turno.
Negli ultimi due anni ho riferito a parecchi amici e colleghi della lettura di “Fiesta”. La cosa assurda è che nessuno di loro era mai riuscito a leggerlo prima di allora. Detto questo, non solo mi auguro che nel frattempo abbiano rimediato, ma spero quante più persone legate all’opera di Hemingway riescano, in futuro, ad accostarsi a un romanzo simile. Ne varrebbe la pena.
Alessandro
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