Lo stile raffinato e coerente di Jack Johnson mi incuriosì ben presto. Fu Upside Down la canzone grazie alla quale ebbi modo di conoscerlo: non un brano sensazionale, bensì radiofonico, spiritoso e quasi pensato per i più piccoli; ma la melodia del brano, l’arrangiamento essenziale e il simpatico videoclip realizzato per accompagnare il pezzo mi indussero a raccogliere qualche informazione in più sull’artista.
Credo fosse il 2006, anche perché Upside Down era contenuta nell’album “Sing-A-Longs and Lullabies for the Film Curious George” rilasciato proprio quell’anno. E poiché la tecnologia era già alla portata di tutti noi, riuscii con estrema facilità ad ascoltare in rete i suoi tre album pubblicati fino a quel momento, ovvero “Brushfire Fairytales”, “On and On” e “In Between Dreams”.
Musiche quasi elementari, suoni principalmente acustici, canzoni dalla durata non eccessiva e caratterizzate da strutture tutt’altro che articolate: per quanto mi resi subito conto di non trovarmi di fronte a un Iron & Wine o a un Ray LaMontagne, compresi in men che non si dica la sensibilità di un autore fortemente impegnato dal punto di vista sociale e ambientale, così legate alla natura, alla sua terra (le Hawaii) e, inevitabilmente, al mare che vuol dire pure surf quando ci si trova di fronte tutti i giorni davanti all’oceano.
Insomma, una bella scoperta. Perché trovare al tempo un songwriter d’altri tempi mi entusiasmò, in più notai quanta tranquillità riuscissero a trasmettermi le canzoni del buon Jack. Da lì in poi non l’ho più perso di vista. Ho ascoltato con tanto piacere le sue opere successive, in particolar modo “Sleep Through the Static” e “To the Sea”.
Di certo non si è assistito nel tempo a un’evoluzione autentica di questo musicista. Ma ci sta. Inutile, del resto, aspettarsi da lui dischi spiazzanti o contaminati con suoni moderni. È giusto che Johnson porti avanti una ricerca musicale coerente, privilegiando l’attenzione verso la scrittura di canzoni belle perché, appunto, semplici.
In queste settimane sto risentendo con grande stupore “On and On”, album risalente al 2003. Dentro ci sono sedici canzoni estremamente brevi e lineari, ma la forza del disco sta nella spontaneità che ne ha caratterizzato la scrittura così come le registrazioni. Niente appare fuori posto e l’ascolto è talmente gradevole da far ripremere “Play” ogni volta. Eccellente l’esecuzione canora, con quella voce confortante e rassicurante, quasi sussurata, che si adagia alla perfezione su musiche fatte di pochi accordi ma, secondo il mio personalissimo punto di vista, a dir poco seducenti. Ogni tanto si scorge qualche fresco riff di chitarra elettrica, per il resto tante dolci pennate di acustica, un basso e una batteria poco invadenti per descrivere scenari unici.
Quando metto su “On and On”, così come “Brushfire Fairytales”, “In Between Dreams”, “Sleep Through the Static” e “To the Sea” ho come l’impressione di trovarmi catapultato su un’isola deserta, circondato da fitta vegetazione con davanti a me una spiaggia bianchissima e un mare tanto chiaro da risultare accecante. Ecco cosa riesce a trasmettermi un artista stimatissimo in tutto il mondo non solo dagli ascoltatori, ma anche dai suoi colleghi. Naturalmente, con la stagione estiva, c’è in me ancora più voglia di contemplare tutta l’opera di Mr. Johnson.
Alessandro
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