Ho seguito con attenzione fin dall’inizio la carriera solista di Richard Ashcroft. Considerando che sono nato sul finire degli anni Ottanta, è chiaro quanto siano stati importanti nella mia crescita i The Verve. Il loro scioglimento mi colpì per forza di cose. Tuttavia sono stato rincuorato dal percorso intrapreso dallo stesso Ashcroft, non un genio assoluto, ma di certo un bravo scrittore di canzoni, uno capace di includere messaggi forti, importanti nei brani.
Dei cinque album sfornati tra il 2000 e il 2016, amo particolarmente il terzo, vale a dire “Keys To The World”, rilasciato nel gennaio del 2006. Dopo il buon “Human Conditions” del 2002 Ashcroft fece passare un po’ di tempo prima di ripresentarsi con qualcosa di nuovo. Forse è anche per questo motivo che all’epoca mi interessai parecchio alla gestazione e alla successiva promozione di “Keys To The World”. Ricordo soprattutto una discreta diffusione di articoli da parte della stampa specializzata, oltre ad un passaggio ricorrente su Mtv e All Music del videoclip di Break The Night With Colour, primo convincente singolo estratto dal cd.
Ho dovuto aspettare un po’ di anni prima di poter sentire integralmente il disco. Questo perché nel 2006 non potevo permettermi di spendere 20 euro per un lp, quindi le dieci canzoni in scaletta le ho contemplate solo nel momento in cui lo streaming ha iniziato a prendere piede (la copia originale del disco invece l’ho acquistata una manciata di mesi fa). Indubbiamente Music Is Power e Words Just Get In The Way, l’altra accoppiata di pezzi scelta per promuovere la produzione targata Parlophone, mi fecero intuire ben presto come “Keys To The World” fosse un album non solo valido, ma anche ricco di sfaccettature. E in effetti, ciò che mi convince ancora oggi di questo lavoro è il bel mix di generi sviluppato da Ashcroft con i suoi musicisti. L’atteggiamento è piuttosto rock, ma poi l’ascolto permette di individuare momenti dinamici accanto ad altri più struggenti. Nel mezzo rimane il tentativo costante da parte del cantante inglese di tentare soluzioni diverse e spesso imprevedibili (penso alla bella traccia che dà il titolo all’intera raccolta).
Insomma, un disco secondo me interessante e con dei contenuti autentici, passato un po’ troppo inosservato da noi. In molti hanno sottovalutato le qualità di Ashcroft post-The Verve e questo è un peccato. D’altronde siamo di fronte ad un compositore che disco dopo disco ha cercato di liberarsi dalle etichette, dai pregiudizi e dal suono di quella band con cui ha raggiunto il successo. Credo che lo stesso “These People”, uscito appena un anno fa, abbia nuovamente confermato la sua profondità umana. Basta dare una rapida occhiata ai testi dei brani. Lui per le tematiche delicate ha sempre avuto una chiara predisposizione.
Alessandro
Leave a Reply