Ray LaMontagne è un personaggio con cui s’inizia a fare i conti ben presto, a maggior ragione quando s’intraprende la carriera di giornalista musicale e si consultano le testate specializzate più autorevoli. Se sfogli le pagine di una rivista in un periodo in cui c’è un suo disco fuori da poco, una recensione o un’intervista la trovi sicuro. D’altronde la bravura c’è, il seguito non manca e gli anni di carriera cominciano ad essere parecchi. In più la critica lo adora ed è giusto così.
LaMontagne è semplicemente unico. Nel titolo scelto per questo post parlo di “songwriter di razza”. Lo è sul serio. Lui è una miniera infinita se parliamo di canzoni. La canzone lui ce l’ha nel sangue. Ha quella capacità incredibile di trovare l’alchimia perfetta, unendo la tecnica all’istinto. LaMontagne ha gusto. Rimanendo autentico nel linguaggio e nella scrittura, crea dei componimenti assolutamente splendidi. Le sue canzoni sono intrise di armonia, di dolcezza, di purezza, di grinta, di fragilità, rabbia.
Tutti i dischi rilasciati finora hanno qualcosa di magico. Io ho perso subito la testa per “Trouble”, l’album d’esordio. Mi sono ripromesso di andare avanti e di sentire con attenzione tutto ciò che ha rilasciato nell’ultimo decennio, prima dell’ultimo e devastante “Ouroboros”, cd uscito nel 2016 e testimonianza perfetta di un’ulteriore crescita artistica.
Ha ragione il caro amico Francesco Sicheri nel reputarlo uno dei migliori lavori dell’anno. Con “Ouroboros” LaMontagne si è davvero superato e ha tirato fuori un Lp magnifico perché ispirato, fuori dal tempo. Ci sono tanti rimandi alla musica dei Pink Floyd, è vero. Ma c’è pure tanto ingegno.
Alessandro
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